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ISTITUTO COMPRENSIVO "LIVIO TEMPESTA"
CATANIA

DIRIGENTE SCOLASTICO: Dott.ssa CONCETTA PATRIZIA TUMMINIA

Il progetto nasce con l’obiettivo di sensibilizzare la comunità a valorizzare la tradizione legata all'addobbo delle icone votive in occasione del Natale. Prevede un percorso di conoscenza di quelle presenti nel centro storico ed, in particolare, presso Piazza Goliarda Sapienza (Piazza delle belle) e "l'adozione " o creazione ex novo, da parte delle scuole, di una edicola un tempo chiamata "CONA", curandone l'addobbo.

 

Il termine Cona è una voce dialettale che raffigura una edicola votiva (altarino votivo) con una immagine sacra, oggetto di venerazione. Nel periodo che va dal 16 alla notte del 24 di dicembre, esattamente nove giorni, si canta la “novena”. I musicisti chiamati NONAREDDI o anche NANAREDDI si esibivano davanti alle icone raffiguranti la Sacra Famiglia con canti tradizionali, nenie, poesie e melodie. La cona veniva cunzata (addobbata) con elementi naturali asparagogna (asparago selvatico), che serviva per riprodurre il cielo, batuffoli di cotone idrofilo che rappresentavano la neve, arance, mandarini, limoni, fichi d’india, datteri, frutta secca, fiori e foglie. Il 24 si aggiungevano dolci fatti in casa come cotognate, mostarde e i tradizionali Cucciddateddi di Natale ed era illuminata da nove candele che rappresentavano l’attesa e la nascita.

L’espressione “Ti mangiasti na cona”

I bambini non erano abituati a vedere e gustare dolcetti e tutta quella abbondanza e spesso, molti di questi elementi, venivano offerti ai poveri del quartiere. Capitava anche che i carusiddi-cchiù vìvuli (i bambini più vivaci), approfittando dell’assenza della signora che, all’arrivo dei musicisti, entrava a casa per prendere i fiammiferi con cui accendeva le candele, piluccavunu in sichitanza (piluccavano continuamente) la cona scappando. La signora accorgendosi del fatto li inseguiva con la scopa gridando: “VI MANGIASTURU NA CONA”, (Avete mangiato i biscotti e spogliato l’icona!). Ecco l’origine e il significato di questa diffusissima espressione, ancora oggi in uso, per indicare chi mangia abbondantemente.

 

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